11 settembre 1973. Una foto, un ricordo

Cinquant’anni sono trascorsi dal colpo di stato in Cile. Il legittimo governo di Unidad Popular, eletto democraticamente dal popolo cileno, fu abbattuto violentemente dai militari guidati dal generale Augusto Pinochet. Il palazzo presidenziale fu bombardato e il presidente Salvador Allende, dopo avere resistito armi alla mano, si suicidò per non cadere prigioniero dei golpisti.
Migliaia di cittadini democratici cileni, comunisti, socialisti, aderenti al Mir, sindacalisti, intellettuali furono incarcerati, torturati, fucilati. O “desaparecidos”. Moltissimi furono costretti all’esilio.

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Noi partigiani, memoriale della 36ª Brigata Garibaldi Bianconcini

Le testimonianze dei partigiani e delle staffette registrate nel memoriale della Resistenza Italiana che hanno fatto attività nella 36ª Brigata Garibaldi.

 

ADRIANO BARBIERI, nato a Imola l’1 settembre 1924, contadino, nome di battaglia “Gallo”, 3º Battaglione “Carlo”.

VIOLETTA CLEMENTINA, nata a Imola il 15 luglio 1922, nome di battaglia “Tina”, staffetta partigiana per la 36ª Brigata Garibaldi.

GERMANA MASI, nata a Palazzuolo sul Senio il 10 gennaio 1927, dattilografa e commessa. Ha curato il partigiano ferito Armando Cervellati, nome di battaglia “Pampurio” e dopo la guerra di sono sposati.

ADRIANO NARDI, nato a Riolo Terme il 4 gennaio 1926, partigiano combattente, sergente maggiore, nel 1943 residente a Imola, Terzo battaglione. Il fratello Giovanni “Caio”, medaglia d’argento al valore militare alla memoria perito l’8 maggio 1944.

GIUSEPPE PIANI, nato a Riolo Terme il 7 ottobre 1925, muratore, nome di battaglia “Bavarese”.

ANGELO RAVAIOLI, nato a Dozza Imolese, nome di Battaglia “Angiulin, staffetta partigiana

RENZO RICCI PICCILONI, nato a Barbiano di Cotignola, il 3 settembre 1926, operario, nome di battaglia “Toni”, Battaglione Libero.

FERNANDO VISANI, nato a Palazzuolo sul Senio il 14 maggio 1927

Ferruccio Terzi

  • Ferruccio Terzi
  • Ferruccio Terzi, gruppo di famiglia Nella foto si riconoscono: il padre Alfredo (secondo da sinistra) ed a seguire la madre Maria Dal Re. Ferruccio è in piedi sopra un bidone. Ai due lati due lavoranti della sartoria tenuta dal padre Foto donata dalla sorella Gabriella Terzi © Museo del Risorgimento di Bologna | Certosa.
  • Ferruccio e Gabriella Terzi Il giorno della prima comunione di Gabriella Terzi sorella di Ferruccio Foto donata dalla sorella Gabriella Terzi © Museo del Risorgimento di Bologna | Certosa.
  • Ferruccio Terzi in motocicletta con l'amico Bartoletti che guida il mezzo nel 1935. Foto donata dalla sorella Gabriella Terzi. © Museo del Risorgimento di Bologna | Certosa.
  • Ferruccio Terzi a cavallo al mare con l'amica Maria Montebugnoli in Nitto nel 1936 Foto donata dalla sorella Gabriella Terzi © Museo del Risorgimento di Bologna | Certosa.
  • Ferruccio Terzi studente della Facoltà di Medicina di Bologna alle prese con un microscopio in un laboratorio del S.Orsola Foto donata dalla sorella Gabriella Terzi © Museo del Risorgimento di Bologna | Certosa.
  • Ferruccio Terzi a Firenze con un commilitone al corso aalievi ufficiali del 1941. Ferruccio è il primo da sinistra Foto donata dalla sorella Gabriella Terzi © Museo del Risorgimento di Bologna | Certosa.
  • Ferruccio Terzi con la fidanzata Marisa al mare sulla spiaggia di Rimini nel 1942 Foto donata dalla sorella Gabriella © Museo del Risorgimento di Bologna | Certosa.

Nato a Bologna il 16 luglio 1916. Laureato in medicina.
Terzi Ferruccio, da Alfredo e Maria Dal Re, nato il 16 luglio 1916 a Bologna; lì residente. Laureato in Medicina. Durante gli anni universitari fu responsabile della sezione cinematografica del GUF – per la quale aveva girato alcuni documentari a carattere medico – e collaboratore di “Architrave”, il mensile del GUF in contrasto con il regime. Era nipote di Arconovaldo Bonacorsi, il “conte Rossi”, comandante fascista nella Guerra di Spagna e spietato squadrista.
Dopo l’8 settembre 1943 iniziò a collaborare con il movimento di partigiano, militando nella 66ª brigata Garibaldi Jacchia e, dal 7 agosto 1944, nella 36ª brigata Garibaldi «Bianconcini», operando sull’Appennino tosco-emiliano.
Durante la battaglia di Purocielo era nella compagnia di Amato a Ca’ di Malanca, dove il 10 ottobre iniziarono i combattimenti. Quando fu notte collaborò a trasferire l’infermeria a Poggio Termine di Sopra, dove la famiglia Mordini aveva messo a disposizione il piano superiore del veccio casolare. C’erano con lodo feriti gravi: Mao e Deliano moribondi, Luigi Rispoli, Giovanni Borghi, Nino Bordini (Gnaf) e Roberto Farina.
Dopo l’attacco della mattina dell’11 ottobre a Ca’ di Gostino e Piano di Sopra, la casa di Poggio Termine si trovò ad essere il punto più esposto all’attacco tedesco. Fino a sera ci fu un aspro combattimento che i partigiani riuscirono con un grande volume di fuoco a mantenere a distanza sugli opposti versanti della valle. In quel trambusto, secondo la testiomnianza di Nazario Galassi, nell’infermeria al primo piano della casa una raffica di spandau entrata dalla finestra arrivò a colpire di striscio Farina, uno dei feriti di Ca’ di Malanca. In tutto quel frastuono Ferruccio e gli altri medici, Angelo, Renato e Wilhelm insieme alle infermiere Laura, Angelina e Anna e agli infermieri Romeo e Sergio, operavano, cucivano, tamponavano, fasciavano senza fiale antitetaniche e senza alcol, utilizzando strisce di lenzuola per bende e acqua bollita con sale per disinfettante in due stanza, che i colpi di mortaio contro i muri empivano di polvere.
Nel giorno successivo, 12 ottobre, Poggio Termine fu di nuovo l’epicentro della battaglia, ma ben difesa anche grzie alle postazioni scavate la notte e mimetizzate. A sera si disposero i preparativi per la partenza verso Cavina. I feriti più gravi vennero adagiati su barelle di fortuna, utilizzando scale e altro, fatica tremenda per chi dovette trasportarli su sentieri impervi, uno strazio per loro.
Tre medici, tra cui Ferruccio, due infermieri e Laura rimasero nella chiesa parrocchiale di Cavina. Terribile fu la sorte di questo gruppo. All’alba del 14 ottobre, i tedeschi, vociando, entrarono nella canonica. Fatti uscire tutti, li addossarono contro il muro. Ai tentativi dell’Angiola e di Wilhelm di persuadere l’ufficiale a desistere, questi scacciò la donna e percosse l’austriaco. Poi, caricati i feriti su di un carro-buoi, seguito a piedi dagli altri prigionieri sotto scorta militare, li fece condurre dentro un capanno situato nel cortile dell’ospedale di Brisighella. Mancava Wilhelm, crivellato di proiettili al suo tentativo di fuga presso il cimitero di S.Stefano.
Era sembrato che il comando divisionale avesse consentito quel ricovero con l’assistenza del personale partigiano, ma la notte fra il 16 e il 17 ottobre i militi della brigata nera di Faenza caricarono tutti su camion, feriti, medici, infermieri, e li portarono a Villa S. Prospero, sede del loro comando, dove vennero bastonati e torturati. Il tormento di Ferruccio e degli altri ebbe fine il 18 ottobre al Poligono di tiro di Bologna assieme ai catturati di Purocielo.
Gli è stata conferita la medaglia d’argento al valore militare.