Faceva parte probabilmente del corpo di spedizione slovacco che partecipò a fianco delle truppe tedesche alla seconda guerra mondiale, trasferito in Italia dopo la sconfitta di Stalingrado.
II 1° novembre 1943 la Divisione giunse a Ravenna e a Faenza. A Faenza le truppe presero alloggio nella caserma di S. Domenico, dove c’erano le stalle per i grossi cavalli usati per il traino delle carrette di cui erano dotate.
I reparti furono in gran parte disarmati ed utilizzati per lavori di costruzione nelle retrovie o come serventi nelle postazioni dell’artiglieria contraerea. II morale delle truppe era molto basso e le diserzioni numerose.
Stefano fu probabilmente uno di questi disertori e il 14 ottbre era tra i partigiani che partiti dalla infermeria di Cavina tentavano di raggiungere l’esercito inglese. Arrivati attorno a mezzanotte sulla rotabile fra Modigliana e Tredozio, in via Lutirano, a lambire la strada c’era il torrente Acerreta con uno strapiombo verticale di pura roccia, profondo non meno di 20 metri, senza alcun appiglio o sbarramento o indicazione. C’era un po’ di neccia, due pattuglie si posero ai lati del punto di passaggio e la testa della colonna attraversò in fretta andando incontro al burrone non visto. «I primi – ha scritto Nazario Galassi – Andrea Gualandi (Bruno) e Angela Giovannini, precipitati dal punto più alto, morirono subito. Corrado, il dr. Angelo, Topi, Consilia e qualche altro dovettero a una deviazione l’essersela cavata con fratture alle costole o ferite leggere al volto. Uno slovacco, Stefano Svesch, con una gamba spezzata, si nascose nel greto fino a giorno, quando cercò aiuto dai contadini. Ma fu catturato, condotto a Pieve di Tussino e fucilato il giorno stesso».