Renato Torreggiani, «Saetta», da Raffaele e Maria Cimatti; nato il 17 agosto 1920 a San Lazzaro di Savena; ivi residente nel 1943. Licenza elementare. Bracciante.
Prestò servizio militare negli autieri a Trieste dal 1940 all’8 settembre 1943.
Militò nel battaglione Ettore della 36ª brigata Bianconcini Garibaldi, con funzione di ispettore organizzativo di compagnia.
Dell’attività di questa compagnia Nazario Galassi ha scritto questo ricordo: «non effettuò alcun assalto. Già vicecommissario di Carlo, vi ero stato trasferito in attesa di sostituire il commissario Poldo, destinato alla missione presso gli alleati. Formata da bravissimi giovani – il nucleo centrale di S.Lazzaro e Ozzano, diversi di Marradi – la compagnia era disturbata dai contrasti fra il comandante e il suo vice, Renato Torreggiani, ottimo combattente. Dovendo provvedere al vettogliamento di cinquanta uomini, ciò mi creò dei problemi che, specie nella fase finale, richiesero soluzioni improvvisate. Ma con l’aiuto di quei ragazzi che, superato il primo impatto, si rivelarono straordinari, maturai un’esperienza indimenticabile».
L’11 ottobre si trovò al centro della battaglia che in quel giorno decise la sorte dei battaglioni della 36ª. Terminato l’attacco a Ca’ di Gostino, con la ritirata dei partigiani del comando, la battaglia si spostò tra il Piano di Sopra, casa sotto la cima di Monte Colombo, e Ca’ di Marcone, dove avrebbero dovuto giungere i tedeschi per tagliare la ritirata agli assediati.
Ca’ di Marcone era strategica e quando i tedeschi lanciarono un loro reparto per raggiungerla trovarono due squadre di partigiani, una guidata da Tito e l’altra da Ettore, che li avevano preceduti.
Dopo due ore di difesa il comandante Bob capì che insistere sarebbe stato un suicidio e indicò la via per la ritirata.
A Ca’ di Marcone, fra il grandinare delle pallottole, quelli della compagnia di Ettore si attardarono dietro la casa e quando si decisero fu tardi.
Come ha ricostruito Nazario Galassi: «Nel risalire il pendio allo scoperto, Dino, Saetta e William vennero abbattuti l’uno sull’altro. Il vicecomandante Renato era rimasto accanto al porcile per l’ultima raffica. Aveva molto coraggio e da coraggioso cadde sul prato».