Nato a Verona il 5 maggio 1920. Residente a Rimini, studente all’Accademia di Belle Arti di Ravenna.
Entrato nella 36ª Brigata Garibaldi Bianconcini, la mattina dell’11 ottobre fu tra i primi cinque partigiani che, seguendo l’ordine di Bob, andarono ad occupare Ca’ di Marcone per impedire che i tedeschi potessero arrivare per tagliare la ritirata agli assediati di Ca’ di Gostino.
Mandato successivamente da Tito a comunicare l’ordine di ritiro anche alla retroguardia restata a Piano di Sopra, fu colpito al petto a metà strada. Soccorso da Giuseppe Campanelli, medico partigiano, che lo raggiunse e nelle sue memorie ricostruì così il momento: «mi trovo accanto Rico che arranca, pallido, col fucile in spalla. “Dottore, aiutami, sono ferito”. “Ma va!… Dove?” “Qui, nel petto…”. Si scosta la camicia, mi mostra un piccolo buco, a sinistra, quattro dita sopra il capezzolo».
Nella situazione di emergenza i due riuscirono a raggiungere un avvallamento di terra rossa sotto Ca’ di Monte Colombo dove erano altri partigiani. Rico, che respirava «affannosamente, pallidissimo, la faccia coperta di un brutto sudore» fu messo al riparo insieme a Sante Vignuzzi, Tonio, ferito con una gamba straziata che un altro partigiano cercava di immobilizzare con dei rami. I due partigiani non erano in condizioni di poter essere trasportati e chiesero ai loro compagni di sganciarsi, aggiungendo l’implorazione di essere uccisi per non cadere nelle mani dei tedeschi. I compagni si allontarono lasciandoli nascosti nella speranza che i tedeschi non li trovassero, ma il terreno fu invece battuto palmo a palmo dalle truppe tedesche. Trovarono il luogo dove i due partigiani avevano preso rifugio e li trucidarono immediatamente sul posto.