Mario Saba, nome di battaglia “Tenente colonnello”, figlio di Luigi e Anna Maria Idini.
Nato il 16 ottobre 1877 a Sassari.
Nel 1943 residente a Bologna.
Tenente colonnello in Servizio Permanente Effettivo.
Alla fine di luglio 1944 fu incaricato dal CUMER di assumere il comando della 36ª brigata Bianconcini Garibaldi, in sostituzione di Luigi Tinti. In formazione non fu accolto bene perché come avveniva in quasi tutte le brigate erano maltollerati gli ordini che arrivavano da Bologna, perché limitavano l’autonomia, e secondariamente perché Tinti era stimato e benvoluto da tutti.
Ha scritto Ernesto Venzi: «Aveva 67 anni e fece subito di tutto per rendersi utile, ma ben presto comprese di essere inadatto a dirigere la guerriglia, le cui regole dovevano essere ogni volta inventate e per di più richiedeva un grande sforzo fisico che spesso metteva alla prova anche i più duri montanari. Fu un uomo di grande sensibilità e, capita la situazione, volle essere un semplice partigiano…». Ma c’era qualcos’altro ancora che lo rendeva estraneo all’ambiente. Ha scritto Filippo Filati”: «Simpatizzammo subito perché eravamo entrambi “due pesci fuor d’acqua” in quell’ambiente che, in un primo tempo, giudicammo “di rossi fanatici, senza creanza, senza istruzione e senza alcuna cognizione di quello che si doveva fare”. Ma in seguito cambiammo completamente questa opinione…».
Restò come consulente militare e quindi capo di Stato Maggiore del 5° battaglione.
Partecipò a tutti i principali combattimenti che la brigata sostenne sull’Appennino tosco-emiliano nell’estate.
L’11 ottobre 1944 era nella casa del comando a Ca’ di Gostino. Poco dopo l’inizio dell’attacco dei tedeschi, quando dopo vari tentativi il comando Bob indicò come soluzione quella di fuggire dalla finestra usl retro verso Ca’ Nova. Ne approfittarono alcuni con un salto di qualche metro. Gli altri si disposero alla difesa.
Mentre Bob dentro e fuori sparava raffiche per proteggere la ritirata, il colonnello Saba uscì sull’aia, sparando con lo sten, finchè non fu visto piegarsi a terra senza un grido.