Livio Poletti, figlio di Vincenzo e Geltrude Manzoni; nato il 16 novembre 1908 a Imola; ivi residente nel 1943. 3ª elementare. Bracciante.
Sposato Livia Venturini, una delle due donne uccise dai militi repubblichini durante la manifestazione che si tenne in piazza ad Imola il 29 aprile 1944.
Iscritto al PCI.
Nel 1930, quando si erano fidanzati, lui aveva 22 anni, lei soltanto 17. Livio militava nell’organizzazione comunista clandestina, costituita e diretta da un gruppo di compagni più anziani tra i quali c’era Amilcare, il fratello maggiore di Livia. Mentre Livia aveva aderito alla cellula femminile.
Il 22 ottobre 1930, residente a Mordano, venne fermato e trattenuto per alcuni giorni, in occasione della «visita di un altissimo personaggio» a Bologna.
Il 6 dicembre 1930 fu arrestato, unitamente ad altri 88 antifascisti imolesi, tra i quali i fratelli Enrico e Guerrino, per «associazione, propaganda sovversiva e detenzione di armi». Deferito al Tribunale speciale, il 23 giugno 1931 fu condannato a 3 anni, un mese e 5 giorni di reclusione più 3 anni di libertà vigilata. Il 16 ottobre 1931 fu respinta la sua domanda di grazia. Scontò parte della pena nel penitenziario di Alessandria dal quale fu liberato il 7 novembre 1932 a seguito della concessione dell’amnistia per il decennale fascista.
Trasferiteso a Imola nel 1939, negli anni seguenti subì numerosi controlli da parte della polizia, l’ultimo dei quali il 10 maggio 1942.
Il 4 novembre 1943 , con Adelmo Bartolini, giustiziò in via Sassi a Imola Gernando Barani il comandante della 68ª legione della MVSN imolese. Fu arrestato il giorno stesso e trattenuto in carcere per oltre un mese, senza tradirsi. Appena tornato in libertà, salì sull’Appennino imolese ed entrò a far parte dei gruppi che poi daranno vita alla 36ª brigata Bianconcini Garibaldi.
La mattina del 29 aprile 1944 la moglie Livia si recò in piazza ad Imola per prendere parte alla manifestazione organizzata dai Gruppi di difesa della donna per protestare contro le autorità fasciste che non fornivano regolarmente la prescritta razione di grassi alimentari. I militi fascisti spararono, colpendo Maria Zanotti e Livia Venturini. Maria morirà subito dopo, Livia spirerà il 13 giugno, dopo 45 giorni di dolorosa agonia.
Dopo la morte della moglie, Livio, da tempo in clandestinità, chiese di raggiungere la 36ª Brigata Garibaldi, che operava sulle montagne dell’Appennino imolese-faentino. Fu accontentato. «Dopo la morte di mia madre – racconterà la figlia Vanda, allora giovinetta – rividi mio padre ancora pochissime volte. Una mattina mi disse che partiva per la brigata. Lo accompagnai per un tratto di strada. Ci lasciammo con un forte abbraccio. Lo vidi allontanarsi così, senza pensare che forse non l’avrei più visto. Quando al termine della guerra, nell’aprile 1945, i suoi compagni della trentaseiesima tornarono, io aspettavo anche lui. Solo allora mi dissero la verità: che mio padre era morto, falciato da una raffica nazista».
Proprio sui monti tra le valli del Senio e del Lamone, Livio visse infatti la sua ultima giornata. Raggiunta la formazione, Poletti era stato aggregato alla compagnia comando con mansioni di magazziniere. Il comandante della brigata, Luigi Tinti, «Bob», dopo essersi consultato il 9 ottobre coi comandanti di compagnia, aveva deciso di tentare lo sfondamento delle linee tedesche per raggiungere l’Italia liberata.
La compagnia comando si era attestata a Ca’ di Gostino, nei pressi della chiesa di Santa Maria in Purocielo. Ma alle sei del mattino dell’11 ottobre 1944, secondo giorno di battaglia, una colonna composta da 400 soldati tedeschi, saliti nottetempo da Brisighella e Fognano, investì Ca’ di Gostino, difesa da non più di 30 uomini. Dopo una strenua resistenza, «Bob», con alte grida, chiamò a sé i superstiti è ordinò la ritirata verso Piano di sopra. Il ripiegamento avvenne sotto un intenso fuoco nemico e Livio fu tra quelli che non ce la fecero.
A Liberazione avvenuta, il 21 ottobre 1945, le bare con le salme di Livia e di Livio vennero trasportate con le altre dalla piazza del municipio di Imola al cimitero del Piratello e tumulate nel sacrario dei Caduti della Resistenza, una accanto all’altra.