Silvio Corbari nelle bande partigiane
Silvio Corbari dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 aderì immediatamente alla Resistenza armata contro le forze di occupazione tedesche e le milizie che le appoggiavano. Entrò a far parte della banda partigiana detta “Samoggia”, comandata da Gino Monti di Faenza. Poi si aggregò al gruppo detto del “Camion fantasma” composto da Max Emiliani, Amerigo Donatini,
Dino Ciani e Matteo Molignoni. In seguito il gruppo si sciolse a causa della cattura di Emiliani e Donatini, poi fucilati. Allora Corbari decise di continuare la lotta nell’Appennino faentino insieme ad altri compagni di diverse correnti politiche. Quindi creò con Aldo Celli, antifascista faentino che aveva trascorso molti anni in carcere, una propria unità partigiana di una cinquantina di uomini, della quale assunse il comando.
Silvio Corbari a Tredozio
Il 13 gennaio 1944, Corbari con una trentina di uomini assaltò la caserma dei carabinieri e il presidio militare fascista di Tredozio, senza colpo ferire. Dopodichè occupò il paese per nove giorni. Il 20 gennaio i tedeschi e i fascisti attaccarono la base di Aldo Celli a Cà Morelli, sopra Tredozio. Uccisero tre partigiani ne catturarono di altri venti. Tra questi, lo stesso Celli che sarà poi fucilato insieme ad altri sette a Bologna il 5 aprile.
Poi, nel mese di aprile la formazione si ingrossò con il ritorno nel faentino di un gruppo di partigiani che aveva combattuto nel Falterona.
Per molti mesi Silvio Corbari e i suoi partigiani si mossero tra i territori delle province di Ravenna e Forlì. Effettuarono numerosi attacchi ed imboscate ai danni delle forze occupanti, che gli valsero il sostegno della popolazione locale.
Il tragico Epilogo a Ca’ Cornio
Il 18 agosto 1944 militi fascisti e soldati tedeschi, informati da una spiata, accerchiarono la casa dove si trovavano gli esponenti principali della formazione: Silvio Corbari, Adriano Casadei e Iris Versari, una ragazza poco più che ventenne. Con loro si trovava anche Arturo Spazzoli, partigiano dell’ORI.
Insieme stavano rientrando da un tentativo, non attuato per le grosse difficoltà riscontrate, di liberare dalle carceri di Forlì il partigiano Tonino Spazzoli. Cioè il fratello di Arturo ed esponente di primo piano della Resistenza. I quattro si erano fermati a Cà Cornio perchè Iris Versari, ferita ad una gamba, si muoveva con grande difficoltà.
Quando i nazi-fascisti iniziarono l’attacco, Iris Versari comprese la gravità del momento. Poichè la ferita le impediva di fuggire, esortò gli amici a tentare la fuga. I tre partigiani esitavano, non volevano abbandonarla nelle mani degli assalitori. I quali, nel frattempo, erano già entrati in casa. Un tedesco si affacciò nella stanza dove si trovavano i partigiani, la Versari sparò e il tedesco cadde, poi con incredibile fermezza si uccise.
Allora i tre partigiani tentarono di rompere l’accerchiamento lanciandosi lungo il ripido pendio dietro casa, a picco sul fianco della montagna. Arturo Spazzoli fu colpito in pieno da una raffica. Silvio Corbari si ferì cadendo dal dirupo. Adriano Casadei si lasciò catturare per restare accanto al suo comandante gravemente ferito.
Furono portati tutti a Castrocaro, dove Adriano Casadei e Silvio Corbari furono impiccati nel loggiato. Nel pomeriggio dello stesso giorno i corpi dei partigiani furono appesi ai lampioni di Piazza Saffi a Forlì. Il giorno dopo, 19 agosto, anche Tonino Spazzoli venne fucilato nei pressi di Coccolia.
Il battaglione Corbari
Pur privata dei suoi uomini più significativi la formazione di Corbari non fu sciolta e si trasformò in un Battaglione. Il comando fu assunto dal fratello di Silvio, Romeo. La formazione continuò a combattere fino a quando, avvicinandosi il fronte, passò le linee e si congiunse con gli Alleati.